Il comparto della moda chiede nuove figure professionali. Soprattutto nella creazione manuale dei modelli
Il comparto della moda italiana è da sempre uno dei settori di eccellenza del made in Italy. Nel 2011 il fatturato ha superato i 52 miliardi di euro, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente (dati Federazione tessile e moda). Una filiera che impegna imprese diverse, dalle filature e le tessiture fino alla scelta delle luci per le passerelle. E che negli ultimi dieci anni ha subito enormi cambiamenti, dalla scomparsa di alcuni stilisti all’emigrazione all’estero di marchi storici, dall’avvento delle vendite online al successo del fast fashion. Ma se il mestiere dello stilista continua a essere il più ambito dai giovani, e anche il più complesso da raggiungere, il settore del fashion chiede sempre nuove figure professionali. «Le ricerche di personale», scrive Emanuela Cavalca Altan nel suo ultimo libro Moda e design in bilico, «si orientano verso professioni commerciali, come addetti alle vendite o responsabili store». Quelle più ricercate, però, sono «le professioni tecniche», dal modellista al tecnico di produzione fino al prototipista. Professioni manuali per le quali nel settore moda italiano manca il personale. Così i corsi di formazione, inclusi quelli di Louis Vuitton, vanno deserti.
AREA PRODOTTO
In un momento di crisi economica, le aziende della moda sono molto attente a razionalizzare le spese e quindi a quello che viene chiamato merchandising mix, cioè alla realizzazione di collezioni che per struttura, assortimento e fasce di prezzo siano perfettamente coerenti e rispondenti alle esigenze dei consumatori, attuali e potenziali, a seconda degli obiettivi strategici dell’azienda. Le figure professionali più ricercate in questo ambito vanno dal brand manager al product manager, il merchandiser di collezione e l’addetto alla logistica. Anche la riscoperta della figura del buyer, il compratore che cura gli acquisti dei capi per i negozi, è legata alla necessità per i titolari delle imprese di risparmiare sull’approvvigionamento.
Una figura chiave in questo senso è quella del product manager, a metà tra l’area prodotto e il marketing, entrata nel mondo della moda con la funzione di sviluppare la strategia di un prodotto o di una linea da lanciare o rinnovare. Il product managerdeve pensare a una collezione o un prodotto vendibile coerente con i valori dell’azienda (e in questo collabora con il brand manager) e posizionato correttamente nella fascia di prezzo. Identifica il segmento del mercato da raggiungere e la concorrenza. E una volta terminata la campagna vendite, pianifica quella successiva.
Molto richiesta è anche la figura dell’uomo prodotto o merchandiser, che ha il compito di sviluppare una collezione in linea con le esigenze dell’azienda. Per questo deve possedere insieme una sensibilità artistica e conoscenze tecniche, oltre che buona capacità di dialogo con le altre parti del processo di produzione. Segue tutte le fasi di sviluppo della collezione e coordina le prove, supportando il reparto modelleria e i produttori esterni fino alla messa a punto del campione.
REALIZZAZIONE MANUALE
Uno dei tanti paradossi dell’Italia, scrive Cavalca Altan, è che «molti disdegnano il lavoro manuale». Anche nella moda. Parliamo di figure tecniche sia per l’industria calzaturiera che per l’abbigliamento, dal modellista al prototipista all’addetto alle taglie. Ma forse non tutti sanno che «nel campo della modelleria femminile, un tecnico preparato riesce a portare a casa uno stipendio netto che va dai 3 ai 6 mila euro al mese». La manualità spaventa, insomma. Tanto che per i corsi di formazione italiani di Louis Vuitton non si riesce neanche a completare una classe di venti persone. Così vengono annullati.
Nella parte tecnica, tra le professioni più ricercate c’è quella del modellista: lavora a stretto contatto con lo stlista e da lui dipende la linea perfetta del modello e la sua vestibilità. Il modellista legge e decodifica lo schizzo dello stlista, lo trasporta su un cartone in tutte le sue parti e con le necessarie specifiche, poi lo taglia per costruire le parti del modello. In poche parole: trasforma le idee in materia. Grazie alla tecnologia, però, negli ultimi anni il modellista ha appeso al chiodo “la stecca e la penna”, trasferendo i suoi disegni prima sul computer e poi sulla carta. All’inizio della carriera, si parte dal ruolo di aiuto modellista, per poi passare a modellista di una collezione, coordinatore di più linee e infine responsabile dell’area modelli. Lo stipendio iniziale è di circa 1.500/2.000 euro lordi fino a retribuzioni molto più alte. Anche se molte aziende affidano alle strutture esterne di model service parte della realizzazione del modello e dei prototipi. Ed è qui che è possibile trovare nuovi impieghi.
Per la realizzazione del prototipo, la figura professionale di riferimento è quella del prototipista. Una figura quasi introvabile, si legge in Moda e design in bilico, con il compito di realizzare il prototipo del capo campione. Cosa fa in pratica il prototipista? Taglia e cuce a mano ciò che il modellista ha disegnato. E una volta terminato, si decide se metterlo in produzione o meno. Il prototipista deve essere dotato di grande pazienza, scrive Calvalca Altan, per fare e smontare il capo, dalle scarpe ai pantaloni, finché stilista e modellista non saranno soddisfatti.
Una volta scelto e memorizzato al computer il prototipo giusto, è il momento dell’addetto allo sviluppo delle taglie. Dopo l’inserimento dei dati, un programma specifico realizza le taglie di sviluppo. L’addetto controlla l’esattezza e la coerenza dello sviluppo. E, sempre al computer, prepara il grafico di taglio del tessuto con la massima efficienza e il minimo spreco. È un processo di matematica che segue la logica proporzionale delle taglie. E che si differenzia in scalare, conformato e calibrato, a seconda del numero delle taglie da sviluppare.
PROFESSIONI CONTRO LA CONTRAFFAZIONE
Quando il prodotto è bello e finito, cominciano le magagne. Quasi ogni giorno la Guardia di Finanza sequestra prodotti contraffatti, dagli occhiali alle scarpe. E il mercato degli acquirenti sembra essere florido. È per questo che figure professionali in grado di proteggere il marchio dal commercio illegale diventano strategiche.
Il responsabile Industrial Property (IP) è una figura fondamentale per le aziendeche sempre più devono proteggersi dalla contraffazione e dal commercio illegale che possono danneggiare l’immagine del marchio. Chi ricopre questo ruolo ha solitamente una laurea in giurisprudenza, economia aziendale o ingegneria gestionale. Per essere iscritti all’ordine dei consulenti in PI, bisogna superare un esame di abilitazione. L’IP dovrà proteggere il prodotto dall’ideazione fino alla commercializzazione. Il licensing manager, invece, si occupa di gestire le modalità di cessione del diritto d’utilizzo di un marchio, seguendo gli aspetti legali e finanziari. Deve fare attenzione nella scelta dei partner, puntando a scegliere aziende serie. «Un esperto in licensing», scrive Cavalca Altan, «ha le medesime conoscenze dell’IP, ma maggiori competenze legali, perché si dovrà occupare di gestire i contratti e predisporre tutte le cautele». I compensi variano in relazione alla dimensione dell’azienda, ma alla cifra base va aggiunto un extra legato al risultato.
FASHION WEB
Tra i nuovi mestieri del fashion, non potevano mancare quelli destinati al Web. Accanto ai pierre tradizionali, si affiancano nuove figure professionali che richiedono nuove e specifiche competenze: dall’e-commerce manager o web marketing manager al community manager. Le aziende sono alla ricerca di questi professionisti, solitamente giovani, che aiutino a sfruttare in pieno le nuove frontiere online del business e che siano in grado di traghettare le aziende, spesso con una lunga esperienza alle spalle, nel mondo della moda 2.0.
COMMERCIO E VENDITA
Dalla vendita in Rete al commercio tradizionale nei negozi, in questo caso a essere ricercate dal mercato sono figure come gli addetti alle vendite (commesso) o i responsabili degli store. Lavori che comportano qualche sacrificio: molte ore in piedi, sabato e festività impegnate e sveglia al mattino presto. Ma attenzione: l’addetto alle vendite, precisa Cavalca Altan, non è più il semplice commesso di una volta, ma è diventato progressivamente un consulente di moda. Vendere un marchio di lusso non significa solo porgere una gonna o un pantalone, insomma, ma trasmettere una intera cultura d’azienda. Stesso discorso per lo store manager, che deve monitorare sul campo l’andamento del punto vendita. Un netto aumento di richieste c’è anche per gli addetti all’ufficio commerciale estero, per i quali viene richiesta la conoscenza di almeno due lingue straniere. In particolare, sono in aumento le richieste di addetti alla vendita con una padronanza fluente del cinese, del russo e del coreano. Figure chiave sono anche i sales planner, sales analyst e stock manager. Quest’ultimo ha preso molto piede negli ultimi anni, occupandosi di smaltire la marce invenduta del magazzino per aprire outlet o reinserirla nel circuito di vendita.
Fondamentale per la vendita dell’abbigliamento in un negozio è la vetrina e la sua organizzazione. Per questo, il mercato cerca sempre più vetrinisti, in gergo tecnico visual merchandiser, che altro non sono che professionisti della comunicazione visiva con il compito di progettare e curare la disposizione dei prodotti nelle vetrine e nei punti vendita. Studiano lo spazio, la luce, cercando una la disposizione giusta per veicolare i valori dell’azienda. Per questo esiste anche una scuola specializzata come l’Accademia vetrinistica italiana, che insegna ai giovani le tecniche espositive per creare vetrine.
LE SFILATE
L’ultima tappa di questa filiera non possono che essere le sfilate. Il sogno di chi vuol fare lo stlista. Ma dietro le modelle truccatissime e magrissime che sfilano indossando abiti meravigliosi, c’è tutto un brulichio di persone e professionalità che regge l’organizzazione dell’evento. A partire dagli addetti alla sicurezza della sala d’ingresso e del backstage che, con tanto di auricolare e divisa nera, controllano i pass di chi entra ed esce. Per la preparazione delle modelle, lavorano invece parrucchieri e assistenti, truccatori e vestieriste.
Ogni modella ha una vestierista, che si occupa di sistemare sullo manichino il capo da indossare e da togliere nel giro di trenta secondi. A coordinare le vestieriste, le uscite degli abiti e lo staff scenografico, è la regia della sfilata. E in questo molti mestieri del mondo dello spettacolo si intrecciano con la moda. Dietro le quinte, poi, c’è anche un fashion stylist, che cura l’immagine del marchio nella sfilata, scegliendo i capi della collezione da inserire, coordinando il truccatore e il parrucchiere per lo shooting fotografico.
Tra il pubblico, seduti a bordo passerella ci sono i buyer, tra le figure più ricercate da cacciatori di teste e dalle società di selezione. Si tratta dei responsabili degli acquisti di una azienda, sui quali l’azienda conta anche in termini di razionalizzazione della spesa e di risparmio. Il buyer deve sapere innovare continuamente i meccanismi di approvvigionamento dei materiali per ridurre i tempi e razionalizzare le spese. E con la comparsa di piattaforme commerciali online, il classico compratore si è trasformato nel web buyer. Che ha le stesse funzioni di un buyer tradizionale, ma lo fa in Rete.